Origini e uso di un antico pseudocereale ricco di proteine, minerali e completamente senza glutine.
Negli ultimi decenni, grazie alle notevoli virtù salutari, è stato riscoperto l’amaranto, un antico pseudocereale appartenente alla famiglia delle amarantacee, originario del Centro America.
Da sempre cibo basilare delle civiltà precolombiane, Maya ed Atzechi ne consumavano semi e foglie e il suo uso era complementare a quello del mais. Era un alimento così diffuso ed importante che l’ultimo sovrano atzeca Moctezuma ne chiedeva come tributo alle provincie. Nelle vita quotidiana le donne ammorbidivano e cuocevano in acqua i suoi semi per poi triturarli ed impastarli per fare tortillas o tamales.
L’amaranto, definito "grano degli dei", svolgeva un ruolo primario nelle cerimonie religiose e nei giorni di festa veniva impastato con la farina di mais e utilizzato per costruire degli idoli, cioè delle figure che riproducevano le divinità e che venivano mangiati in loro onore alla fine del rito.
E’ proprio il legame con gli dei che ha portato all’ estinzione di questo alimento la cui coltivazione venne vietata dagli inquisitori spagnoli cattolici che lo fecero sostituire con sementi europee. Questo spiega il perché siano giunti in Europa cioccolato e patate, tabacco e pomodori, ma non l’amaranto.
La storia di questa pianta, però, non riguarda solo l’America Centrale, poiché gli studiosi ritengono che l’amaranto fosse presente nel bacino del Mediterraneo già all’epoca dei greci e dei romani, anche se probabilmente non si trattava della stessa pianta di oggi da un punto di vista genetico. A differenza delle popolazioni precolombiane, greci e romani apprezzavano l’amaranto per i suoi fiori colorati usati a scopo ornamentale, che si riteneva potessero scacciare la sfortuna e l’invidia.
Oggi grazie a nuovi studi che ne evidenziano le qualità alimentari, la coltivazione dell’amaranto e il suo uso in cucina si sta diffondendo anche in Italia.
I minuscoli chicchi tondi hanno un sapore gradevole, quasi dolce, con note che richiamano le nocciole e sono caratterizzati da una incredibile ricchezza di proteine dall’alto valore biologico.
L’amaranto, inoltre, contiene ottime quantità di minerali come ferro, calcio, magnesio, fosforo, vitamina E, vitamina A, vitamina C e vitamine del gruppo B, che lo rendono un alimento davvero nutriente e ricostituente, adatto all’alimentazione di bambini ed anziani.
La ricchezza di fibre in esso contenute lo rendono consigliabile a chi presenta disturbi a livello gastrointestinale, ma anche ai diabetici poiché queste rallentano l’assorbimento degli zuccheri. Fibre e ricchezza di proteine contribuiscono, infatti, a regolare i livelli glicemici facendo di questo un cereale a basso indice glicemico.
Come usarlo in cucina?
L’amaranto va cotto per circa 30-40 minuti in una pentola con un quantitativo di acqua pari a 3 volte quello dei chicchi previo risciacquo per evitare la formazione di mucillagini durante la cottura. Prima di scolarlo, dopo aver spento la fiamma, si consiglia di lasciarlo nella pentola per altri 10 minuti per permettergli di gonfiarsi ulteriormente. Si presta a preparazioni dolci e salate. Con la farina è possibile preparare pane e biscotti, magari miscelandola con altre farine senza glutine. Con i chicchi, invece, si possono realizzare zuppe, sfornati e polpette vegetali.